Associazione

La ricerca dei tartufi ha origini antichissime. A tale attività, per il fascino che questo fungo sotterraneo ha sempre saputo suscitare, si sono dedicate persone di ogni età e ceto sociale. Famiglie che raccoglievano i tartufi erano conosciute in tutte le Valli bresciane, fin dagli inizi del 1400. Un andirivieni di barche con a bordo tartufai e cani era segnalato tra la sponda orientale del lago di Garda e le colline del Garda bresciano già alla fine del 1800. I tartufi raccolti venivano suddivisi in estivi ed invernali, ora sappiamo che la specie invernale più raccolta era il Tuber melanosporum o tartufo nero pregiato.

La natura ha relegato la crescita di questa specie rara a poche località del mondo, affidando anche alle colline ben soleggiate del lago di Garda il privilegio di farlo sviluppare e maturare.

Questo fungo, nel passato, cresceva in abbondanza allo stato naturale. Ora, l’abbandono dei boschi e la raccolta alcune volte spinta al limite del tollerabile, uniti ad un complesso di altri fattori, hanno contribuito, come è successo in altri luoghi, a far regredire moltissime stazioni naturali di crescita, tanto da temere seriamente l’estinzione degli ecotipi presenti.

L’impegno profuso in questi anni nella selezione dei ceppi autoctoni delle specie più pregiate, nella loro riproduzione e reinserimento in campo con piante micorrizate, preparate nei laboratori di Roè Volciano, unite a tecniche specializzate nella coltivazione, hanno permesso di realizzare tartufaie con risultati produttivi più che soddisfacenti, riuscendo a determinare una inversione di tendenza.