Tartuficoltura

Durante la prima Esposizione Italiana di Tartuficoltura, nel 1928, Oreste Mattirolo rese noti i dati riguardanti l’aumento della produzione in Francia, per merito della tartuficoltura. Egli si basò su una statistica fatta da Chatin nel 1868, che stimava una raccolta di 1.521.000 chilogrammi annui. Mattirolo mise in evidenza che, per merito della tartuficoltura, la produzione francese nel 1928 aveva raddoppiato quella stimata, arrivando a 3.000tonnellate. (da “Tartuficoltura e Rimboschimento”, di Oreste Mattirolo).

La produzione di tartufi, tuttavia, nel secolo scorso, in Francia, è drasticamente diminuita, passando dalle 1500-2000 tonnellate alle attuali 50 l’anno (Pacioni, 1987). Anche in Italia si è passati da una produzione di 100 tonnellate annue, secondo Bruni (1891), alle 60 stimate da Pacioni (1992). Questo, pur considerando che è sempre molto difficile fare delle stime, per il proverbiale riserbo che mantengono i tartufai sulle quantità di tartufi raccolte. .

Diminuzioni di produzione consistenti si sono avute anche nel territorio bresciano per tutte le specie.  Bisogna considerare che le raccolte nelle tartufaie naturali sono, spesso, spinte oltre i limiti del buon senso e, a volte, della legalità, tanto da asportare dalle tartufaie, oltre a quello che viene individuato dal fiuto del cane, tutto quanto è visibile. Ciò non permette più una completa maturazione dei corpi fruttiferi e, logicamente, una normale diffusione delle spore nel territorio, che sono la fonte primaria della formazione di nuove tartufaie naturali.